Mandibula
Mandibula
Monica Ojeda
Alessandro Polidoro Editore
336 p., Brossura
traduzione di Massimiliano Bonatto
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Fernanda si risveglia legata in una casa in mezzo alla foresta. A rapirla è stata Clara, la sua professoressa, donna dal passato tormentato e bullizzata da un gruppo di alunne dell’elitario istituto femminile dove insegna. A capeggiarle è Annelise, la migliore amica di Fernanda, la sua “gemella-d’inguine”.
Il sequestro è solo il culmine di un meccanismo perverso che ha radici più profonde: un edificio abbandonato, storie del terrore ispirate dalle letture di creepypasta, riti iniziatici e giochi sempre più violenti e crudeli, un culto segreto al Dio Bianco, entità spirituale che appare quando l’ingenuità dell’infanzia inizia a compromettersi.
Mandibula ci trasporta in un mondo retto dalla paura, che si declina nei legami familiari, nella sessualità, nella violenza e nelle trasformazioni della crescita. Attraverso una scrittura immaginifica e sconcertante, sulla scia di maestri del calibro di Lovecraft, Poe e King, Mónica Ojeda delinea i contorni di un universo dove i rapporti tra allieve, madri, figlie, sorelle e amiche del cuore, seguono dinamiche bestiali e il cui senso ultimo è racchiuso in una domanda: «Qual è l’unico animale che nasce da sua figlia e concepisce sua madre?».
«È ridicolo, ma la maggior parte del tempo ci dimentichiamo di essere animali formati da
organi che sembrano usciti da un incubo. Il cuore, per esempio, è un organo orripilante.
Sempre lì dentro, che batte, però non ci pensiamo mai
perché se lo facessimo, forse impareremmo a temerlo».
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